ShabangShabang » Economia http://shabang.xoom.it/wordpress Il bauletto virtuale Mon, 06 May 2013 09:00:41 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.4.1 Il benessere del consumatore http://shabang.xoom.it/wordpress/tutto/il-benessere-del-consumatore/ http://shabang.xoom.it/wordpress/tutto/il-benessere-del-consumatore/#comments Thu, 11 Oct 2012 07:59:03 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=648 ↓ Read the rest of this entry...]]> L’evoluzione paternalistica del neoliberismo, passata quasi inosservata nel dibattito pubblico, ha portato a diffondere la concezione che il ‘libero mercato’ deve essere guidato dal cosiddetto “benessere del consumatore”. Una sorta di panacea di tutti i mali, secondo la quale è il consumatore, che segnala l’utilità di un nuovo prodotto mediante l’esibizione della sua volontà di acquisto, ma è l’impresa che decide di produrlo ed il consumatore ha solo un ruolo passivo e subalterno.

Con l’introduzione sul mercato delle varie famiglie dell”iPod, per esempio, è avvenuto proprio questo. E’ stata creata ad arte la domanda, attraverso operazioni di marketing con l’utilizzo di una martellante pubblicità. I consumatori hanno risposto prontamente dimostrando il loro interesse con prenotazioni inverosimili. A questo punto l’impresa ha messo in produzione il prodotto e si è presentata, bada ben bada ben, alla data da lei scelta, per fornire il prodotto ai ‘fedeli’ consumatori che l’avevano prenotato per primi e poi, solo in un secondo tempo, per renderli disponibili a tutti gli altri’, che nel frattempo si erano aggregati per non apparire diversi. Tutti comunque da considerare consumatori felici e contenti.

Affinchè tutto questo funzioni però serve un mercato ‘puro’, senza intervento dello stato. L’impresa deve essere l’unico oggetto abilitato ad operare sul mercato e deve diventare l’unica fonte della creazione dei prodotti. Questa è la triste conclusione del neoliberismo sfrenato.

Esistono però le ‘esternalità’ che gravano sulla testa dei neoliberisti inconsapevoli per ragione o interesse. Possono essere sia positive che negative, naturalmente sono queste ultime ad avere una certa importanza e di queste facciamo subito un esempio: i danni provocati all’ambiente dall’inquinamento. L’impresa è portata a massimizzare la sua efficienza dal momento che non considera o considera solo in parte questi costi.

Se emetto in atmosfera i fumi di scarico di una azienda che produce fertilizzanti, provoco l’inquinamento dell’aria che tutti respirano.  L’impresa potrebbe controllare questi scarichi riducendo o eliminando addirittura l’impatto negativo sull’ambiente, ma ciò le costerebbe denaro e siccome non trae beneficio dal puro fatto di avere “l’aria pura”, non è per niente incentivata  allo stanziamento dei soldi relativi. Si potrà obiettare che per processi innovativi è difficile prevederne l’impatto ambientale. Ogni novità implica dei rischi, comprese quelli dovuti alle esternalità negative.

La teoria economica poi stenta ad accettare le generale tendenza umana a ritiene che alcune cose non possano avere un prezzo. Mi riferisco soprattutto alla sfera morale degli individui. Gli economisti non possono argomentare ad esempio in termini di priorità morali rispetto al mercato. Se poniamo loro certe domande non sono in grado di rispondere. Ad esempio: una giovane donna può chiedere il sussidio di disoccupazione se abbandonasse la vita di prostituta? E’ giusto che il soccorso alpino utilizzi mezzi costosi (elicotteri, ecc. ) per salvare la vita di uno sfortunato scalatore? No, non solo non saprebbero rispondere, ma siamo noi, comuni mortali, a non volere che gli economisti possano occuparsi di queste questioni, loro sono sotto coperta e lì devono stare.

Figuriamoci poi se essi fossero neoliberisti.

L’influenza di queste idee danno credito a valori deleteri per la società. E’ convinzione diffusa che la diseguaglianza tra i cittadini non conti, purchè tutti se la passino ragionevolmente bene. Se mangio bene tutti i giorni ed ho la casa ben riscaldata, perchè dovrebbe importarmi dell’individuo che passa i suoi fine settimana sullo yacht di famiglia. In fondo egli non mi toglie il ‘tepore’ di casa mia.

Questo modo di pensare trascura un aspetto fondamentale però: le disparità di ricchezza producono disparità di potere e generano fenomeni di concentrazione che a lungo andare danneggiano gli altri individui, fino a privarli delle libertà fondamentali, restringendo gli spazi di scelta.

Forse la vera soluzione al problema è, perchè no, lo stato centralizzato, guidato da un pugno di persone, scelte tra quelle con un passato limpido e cristallino, con alte capacità intellettuali, con un elevato spirito di altriusmo ed abnegazione, che si rendano disponibili al controllo di organi eletti dai cittadini posti al di sopra delle parti.

Pura illusione? Vedremo …..

 

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Le agenzie di rating http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/le-agenzie-di-rating/ http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/le-agenzie-di-rating/#comments Thu, 05 Jul 2012 12:23:20 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=498 ↓ Read the rest of this entry...]]> Il lavoro delle agenzie di rating ha qualcosa di magico. Trasformare un ‘anonimo’ titolo quotato in borsa, di cui non si conoscono i retroscena e la storia, in un titolo dotato di un certificato che ne attesti la qualità, il ‘rating’ appunto, consente, a chi deve scegliere tra questo e quello, di operare con sufficiente sicurezza senza dover rintracciare ogni volta le sue ‘oscure origini’.

Emettere un giudizio relativo alla bontà ed al grado di affidabilità delle imprese e delle società operanti a livello mondiale nel settore della finanza, del credito, della produzione di beni ecc., è il toccasana per ogni investitore che si rispetti. Ma dopo aver osservato gli scandali che hanno riempito le cronache degli ultimi anni, pur riconoscendo che il mercato del rating ha una sua validità teorica, dobbiamo chiederci se in futuro sarà in grado di autoregolarsi oppure se dovranno intervenire entità esterne per garantirne trasparenza e imparzialità.

Le società di rating che si dividono circa l’80% del mercato sono tre: Standard&Poor’s, Moody’s e Fitch. La maggiore di esse è S&P. Ha avuto come suo pioniere Henry Varnum Poor, che operava alla fine dell’ottocento con società ferroviarie e che nel 1923 iniziò col pubblicare il primo indice borsistico, quello di Wall Street, esistente ancora oggi e noto come ‘S&P 500′. Dopo essere finita in bancarotta durante la ‘Grande depressione’, risorse nel 1941 e si fuse con lo ‘Standard Statistics Bureau’, specializzato in dati e notizie sul credito e la finanza, informazioni che venivano vendute a chi ne faceva richiesta. S&P nel 1962 divenne una ‘public company’ quotandosi in borsa. Nel 1966 venne acquistata dal colosso dell’editoria scientifica e scolastica McGraw-Hill, che oggi è l’unico proprietario. Nel consiglio di amministrazione, oltre all’erede della famiglia McGraw, ci sono i Big Boss della Coca-Cola, dell’IBM, della BP e delle più importanti società farmaceutiche. Tutte aziende quotate, anzi BIG CHIPS, che fanno il mercato. S&P fattura quasi 2 miliardi e mezzo di dollari, circa un quarto del fatturato dell’intero gruppo McGraw-Hill.

La storia delle altre due società, Moody’s e Fitch è simile, e non si discosta molto, nel senso che chi le controlla sono gli stessi soggetti destinatari del giudizio ‘insindacabile’ emesso con la certificazione di ‘rating’.

Le agenzie di rating ricostruiscono i flussi di denaro, prendono nota di chi presta e di chi si indebita, rendono visibile ai più i retroscena finanziari e, cosa ancor più importante, compilano pagelle di merito. Questo lavoro deve ricevere un plauso generale, perchè in via teorica, come già accennato, è un lavoro necessario. Ma, in un settore dove, soprattutto oggi, tutto è molto complicato, vengono dati giudizi al d sopra delle parti e che rispecchiano la realtà oppure alcune volte questi giudizi sono fasulli e rispondono semplicemente a particolari interessi economici? Ed é qui dove sta il vero problema, nella validità morale del giudizio espresso. Ma c’è di più. La situazione si è notevolmente complicata nel momento in cui ci si è resi conto che anche i governi degli stati, piccoli o grandi che siano, dipendono da questi giudizi. Le agenzie di rating diventano così responsabili di decisioni che ricadono direttamente sulle popolazioni e non solo sugli ‘addetti ai lavori’.

In una recente intervista il Big Boss di Fitch ha detto: “…noi non prendiamo posizioni politiche, valutiamo il rischio paese” e giù a bacchettare il debito. Sta di fatto che, ad esempio, ogni volta che viene abbassato il debito dell’Italia, si scatena un pandemonio. Chi è al governo cerca di contrastare la doccia fredda che di solito si scatena da parte degli speculatori sui titoli pubblici e chi è all’opposizione si scatena contro il governo colpevole di non fare abbastanza.

I politici dichiarano, gli economisti sentenziano ed i giornali amplificano. Altro che giudizi tecnici basati su formule matematiche. Il ‘rating’ ormai fa parte del mercato politico e non solo di quello finanziario. Jonathan Macey, professore a Yale, alla Cornell University ed alla Bocconi, grande esperto di diritto commerciale, davanti alla commissione del senato americano dopo il crac Enron e sulle conseguenti responsabilità delle società di rating, ha dichiarato: “ Oggi, non offrono alcuna informazione davvero valida sull’affidabilità delle società, sarebbe meglio che le autorità preposte (la SEC in questo caso) evidenziassero il fenomeno e incentivassero l’abbandono dell’uso del rating ovunque sia possibile”.

Ma l’aspetto più evidente che c’è qualcosa che non va nel meccanismo del ‘rating’ e della sua attribuzione a questo ed a quello, è l’intreccio ampio e diffuso del conflitto di interessi che lega le società che emettono il giudizio ed il destinatario del giudizio stesso. Nel 2004 la SEC conclude l’indagine sul rating con un decalogo che modifica in sostanza la prassi, le procedure e le regole di condotta del meccanismo.

La commissione ha puntato il dito soprattutto su 5 questioni fondamentali:

  1. Le agenzie si fidano troppo spesso delle informazioni delle imprese stesse senza verificarle;
  2. i conflitti di interesse sono dovuti al fatto che a pagare per il rating sono le società stesse che emettono i titoli;
  3. i servizi alle imprese hanno sempre maggior peso;
  4. la trasparenza è troppo scarsa;
  5. ci sono troppi ostacoli per i nuovi arrivati, trattasi di un mondo troppo ‘chiuso’

 

Il codice di condotta emanato dalla SEC non è servito molto, la crisi dovuta dai subprime e dai ‘prodotti derivati’ ne è la prova e poi chi deve “misurare i misuratori”.

Sembra proprio essere questo lo slogan del prossimo futuro, ma chiedere maggiore regolamentazione significa anche ingessare il mercato ed è ben noto il principio che in campo economico non esiste la ‘protezione assoluta’.

 

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