Se il sabato sera hai deciso di stare in casa per rilassarti, che seccatura sarebbe non avere un film da vedere alla tv. Se non riesci a trovarne uno degno di essere visto, poco male, cosa fai, allora? Apri un cassetto e prendi in mano un libro.
Ma prima di iniziare a leggere, scorrendo le prime pagine dopo quella del titolo/autore, compare la pagina con il simbolo (C) del copyright, che identifica il proprietario dell’opera.
La stessa cosa succede se accendi il computer ed inizi a navigare su qualche giornale on-line. Gli articoli riportano nella maggior parte dei casi la frase standard: copyright (C) pinco pallo.
La maggior parte delle persone, non pone attenzione al significato di questa dicitura apposta sulle opere derivanti dall’attività intellettuale ed inizia a leggere il testo.

Io vorrei fare alcune considerazioni generali sulla Proprietà Intellettuale (PI) che  scaturisce dalla lettura di queste frasi, perchè è vero che a chi ha un’idea deve esserne riconosciuto il valore, ma è vero anche che perpetuare un ‘monopolio’ dell’idea, utilizzando anche leggi e leggine costruite ad-hoc, può risultare dannoso per la società intera, come la storia insegna.

La legislazione sulla PI dovrebbe garantire incentivi alla creazioni di nuove idee e rendere più gratuite quelle già esistenti. Quello che invece constatiamo ogni giorno è il trionfo dei profitti derivanti dal monopolio delle idee. Prendiamo ad esempio la maggiore società di software per computer, Microsoft Corporation, operante a livello planetario.

Mi chiedo e Vi chiedo, è giusto che, dopo la vendita ovvero dopo il regolare acquisto del software, si debba pagare per anni un prezzo per la licenza di utilizzo? Forse che il prezzo di acquisto, stiamo parlando di milioni di pezzi venduti, non ha ripagato i costi dello sviluppo?

Nonostante il continuo martellamento mediatico, prezzolato, delle società interessate, anche in campo cinematografico ci sono illustri esempi, nessuno crede alla spiegazione ufficialmente presentata e cioè che verrebbe meno l’investimento in ricerca e sviluppo. La verità è che copyright, brevetti, diritti d’autore e marchi registrati, ostacolano la creazione di nuove idee, creando anche fratture generazionali, tra i giovani potenziali talenti e le vecchie leve, che sopravvivono. Quello in cui viviamo è un mondo assai balordo, in cui la parola libertà riempie la bocca dei ricchi e dei loro servi.

Non è un caso che, sempre nel comparto del software per computer, Microsoft non abbia ancora riconosciuto ufficialmente la qualità e l’etica professionale delle persone coinvolte nel progetto del “software libero”, facenti capo alla FSF (Free Software Foundation) ed aventi come punta di diamante il sistema operativo Linux.

In generale, quando un’idea porta alla realizzazione di un prodotto, solo il suo prezzo di vendita ha il diritto di esistere, nel caso di un software il prezzo del CD/DVD su cui è contenuto, nulla di più. Non è una questione di prezzo, tali supporti informatici potrebbero costare anche un milione di dollari se il mercato lo richiedesse, non è questo il problema, ma tutto ripeto si deve fermare qui.

“……Se compero un libro, compero la carta e riconosco il lavoro per la stampa, ma non compero anche l’idea che vi è scritta”, così si esprimono gli sponsor dei diritti d’autore,

“…l’idea è di proprietà dell’autore…” questo viene sempre riportato e riletto.

Niente di più sbagliato ed inquinante. L’idea espressa tra le pagine del libro appartiene a tutti, anche se è stata creata da un solo individuo, che viene ripagato, alcune volte abbondantemente, dalla vendita del supporto, ciò vale anche per la musica, che è riconosciuta come bene “universale”. Se parto da un motivetto orecchiabile già esistente, molto probabilmente ne troverò un altro, diverso, ancor più orecchiabile, in un certo senso migliore, fino a rendere obsoleto quello originale.

Questo è il progresso, questo è quello che ha bisogno l’umanità intera.

Non interessa che un anziano signore di nome Bill Gates, invecchi indossando camice e mutande foderate di bigliettoni da 100 dollari, riccone più ricccone meno interessa fino ad un certo punto, ciò che conta maggiormente è che il software venduto dalla corporation da lui fondata, non è modificabile e non se ne conosce il linguaggio sorgente. Invece ogni giorno migliaia di sviluppatori mettono mano ai sorgenti del software libero per migliorarlo e restituirlo alla comunità, affinchè continui questa operazione, è come si vede un discorso di libertà.

Solo idee liberamente circolanti possono garantire progesso e sviluppo. Forse che la  storia dell’umanità non è stata una storia di continue scoperte basate su quanto era avvenuto prima?

Ma c’è di più. La maggior parte di ciò che oggi consideriamo grande letteratura, che viene insegnata all’università, proviene da autori che non hanno mai ricevuto nessun compenso per i loro sforzi letterari o perchè il copyright non esisteva o perchè non se ne sono serviti. La loro qualità letteraria anche oggi è fuori discussione, tanto che, ad esempio la Disney, se ne è servita smisuratamente per costruire il suo impero. La bella addormentata nel bosco, Pinocchio, per fare solo due esempi della letteratura per bambini, sono state carpite al dominio pubblico. Ho voluto ricordare ciò per dire che questa è la prova provata che in assenza di monopoli i grandi lavori ad ogni modo vengono alla luce. Chi sostiene che senza i monopoli non c’è produzione di qualità, dice delle fesserie.

Related posts:

  1. Il “Copyright”, questo sconosciuto.
  2. Richard Matthew Stallman: l’affermazione della libertà
  3. La libertà dei cittadini e quella dei servi
  4. No all’abuso. Sì al software libero.
  5. Roba da medioevo