ShabangShabang http://shabang.xoom.it/wordpress Il bauletto virtuale Mon, 06 May 2013 09:00:41 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.4.1 Fedora: Installare Apache+MySQL+PhpMyAdmin http://shabang.xoom.it/wordpress/distribuzioni-linux/fedora/fedora-installare-apachemysqlphpmyadmin/ http://shabang.xoom.it/wordpress/distribuzioni-linux/fedora/fedora-installare-apachemysqlphpmyadmin/#comments Mon, 06 May 2013 09:00:41 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=663 ↓ Read the rest of this entry...]]> Questa miniguida si rivolge ad un’installazione in locale dei pacchetti in oggetto adatti per effettuare delle prove di gestione di siti WEB dinamici.
Installiamo i pacchetti necessari aprendo una console come root e dando il comando:

#yum install httpd mysql php phpmyadmin

Saranno installate automaticamente anche tutte le dipendenze.
Terminata l’installazione dei pacchetti bisogna inizializzare e configurare il tutto.

Iniziamo da APACHE
Per farlo partire, diamo il comando:

#systemctl start httpd.service        (a partire da Fedora 18 si può anche NON scrivere .service)
e subito dopo verifichiamo che è partito con:
#systemctl status httpd.service
Il servizio dovrà risultare:     Active: active (running)
Per rendere bootable il servizio dare il comando:
#systemctl enable httpd.service

Per vedere se Apache funziona, aprire il browser e scrivere nella barra indirizzi:

http://localhost

Se appare la pagina di ‘Fedora Test Page’ significa che il server Apache è in linea! ;-)
Per vedere se funziona anche uno scripting in PHP, editate un file di testo con quanto segue:

Codice: Seleziona tutto
<?php
echo “OK”;
?>

salvare con il nome prova.php e copiarlo nella directory /var/www/html. Questa è la directory dove in futuro bisogna piazzare le pagine PHP.
Scrivere nella barra degli indirizzi del browser

http://localhost/prova

dovrebbe uscire la scritta OK. Se esce, Il primo tassello è sistemato. 8-)

Ora occupiamoci di MySQL.
1) Startare il servizio con il comando:
#systemctl start mysqld.service
Verificare lo stato con il comando:
#systemctl status mysqld.service
Startare al boot con:
#systemctl enable mysqld.service

2)Configurazione
Con il comando:
#mysql_secure_installation

parte la procedura di sicurezza con la quale inserisco la password di accesso al sistema.
Poichè è la prima volta e l’utente root non è ancora stato generato ed è quindi senza password al seguito, darò per prima cosa un bel <enter> ed a seguire inserirò la password che desidero dare a root (con replica).
Alle successive domande risponderò sempre con ‘Y’ (affermativamente).
Anche il secondo tassello è sistemato. 8-)

Ora bisogna startare phpMyAdmin.

Aprire il browser e scrivere nella barra indirizzi:

http://localhost/phpmyadmin

e comparirà una maschera. Dovrete riempire i due campi con quanto impostato nella procedura di sicurezza, cioè

nome utente: root
password: <la password che avete scelto>

ed a seguire andate a generare un database di nome ‘test’. Fatelo con poche colonne, 2 vanno bene. Non ha importanza il contenuto, scrivete quello che volete, salvate e se non ci sono errori, il database è creato.
Ora non resta che testare con una pagina PHP la connessione al database appena creato.
Per farlo editare un file di testo così composto:

<?php
// Connessione a MySQL
$link = mysql_connect(‘localhost’, ‘root’, ”) or die(‘Connessione fallita: ‘ . mysql_error());
// Selezione database di test
mysql_select_db(‘test’) or die(‘Selezione DB fallita: ‘ . mysql_error());
// E’ tutto ok, chiudo la connessione
echo ‘OK. Questa è una prova di collegamento al database test di MySQL eseguita con PHP: entrambi risultano funzionanti !!!’;
mysql_close($link);
?>

Salvare con il nome connect.php e copiarlo nella directory /var/www/html di Apache.
Ora nella barra degli indirizzi del browser scrivere:

http://localhost/connect,php

e se tutto funziona, magicamente vedrete la scritta che dà l’OK della connessione.
Il terzo tassello è sistemato. 8-) ora però abbiamo finito e da questo momento potrete accedere ad un database MySQL con pagine PHP. Ovviamente, si suppone che sappiate cosa farne.

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Il benessere del consumatore http://shabang.xoom.it/wordpress/tutto/il-benessere-del-consumatore/ http://shabang.xoom.it/wordpress/tutto/il-benessere-del-consumatore/#comments Thu, 11 Oct 2012 07:59:03 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=648 ↓ Read the rest of this entry...]]> L’evoluzione paternalistica del neoliberismo, passata quasi inosservata nel dibattito pubblico, ha portato a diffondere la concezione che il ‘libero mercato’ deve essere guidato dal cosiddetto “benessere del consumatore”. Una sorta di panacea di tutti i mali, secondo la quale è il consumatore, che segnala l’utilità di un nuovo prodotto mediante l’esibizione della sua volontà di acquisto, ma è l’impresa che decide di produrlo ed il consumatore ha solo un ruolo passivo e subalterno.

Con l’introduzione sul mercato delle varie famiglie dell”iPod, per esempio, è avvenuto proprio questo. E’ stata creata ad arte la domanda, attraverso operazioni di marketing con l’utilizzo di una martellante pubblicità. I consumatori hanno risposto prontamente dimostrando il loro interesse con prenotazioni inverosimili. A questo punto l’impresa ha messo in produzione il prodotto e si è presentata, bada ben bada ben, alla data da lei scelta, per fornire il prodotto ai ‘fedeli’ consumatori che l’avevano prenotato per primi e poi, solo in un secondo tempo, per renderli disponibili a tutti gli altri’, che nel frattempo si erano aggregati per non apparire diversi. Tutti comunque da considerare consumatori felici e contenti.

Affinchè tutto questo funzioni però serve un mercato ‘puro’, senza intervento dello stato. L’impresa deve essere l’unico oggetto abilitato ad operare sul mercato e deve diventare l’unica fonte della creazione dei prodotti. Questa è la triste conclusione del neoliberismo sfrenato.

Esistono però le ‘esternalità’ che gravano sulla testa dei neoliberisti inconsapevoli per ragione o interesse. Possono essere sia positive che negative, naturalmente sono queste ultime ad avere una certa importanza e di queste facciamo subito un esempio: i danni provocati all’ambiente dall’inquinamento. L’impresa è portata a massimizzare la sua efficienza dal momento che non considera o considera solo in parte questi costi.

Se emetto in atmosfera i fumi di scarico di una azienda che produce fertilizzanti, provoco l’inquinamento dell’aria che tutti respirano.  L’impresa potrebbe controllare questi scarichi riducendo o eliminando addirittura l’impatto negativo sull’ambiente, ma ciò le costerebbe denaro e siccome non trae beneficio dal puro fatto di avere “l’aria pura”, non è per niente incentivata  allo stanziamento dei soldi relativi. Si potrà obiettare che per processi innovativi è difficile prevederne l’impatto ambientale. Ogni novità implica dei rischi, comprese quelli dovuti alle esternalità negative.

La teoria economica poi stenta ad accettare le generale tendenza umana a ritiene che alcune cose non possano avere un prezzo. Mi riferisco soprattutto alla sfera morale degli individui. Gli economisti non possono argomentare ad esempio in termini di priorità morali rispetto al mercato. Se poniamo loro certe domande non sono in grado di rispondere. Ad esempio: una giovane donna può chiedere il sussidio di disoccupazione se abbandonasse la vita di prostituta? E’ giusto che il soccorso alpino utilizzi mezzi costosi (elicotteri, ecc. ) per salvare la vita di uno sfortunato scalatore? No, non solo non saprebbero rispondere, ma siamo noi, comuni mortali, a non volere che gli economisti possano occuparsi di queste questioni, loro sono sotto coperta e lì devono stare.

Figuriamoci poi se essi fossero neoliberisti.

L’influenza di queste idee danno credito a valori deleteri per la società. E’ convinzione diffusa che la diseguaglianza tra i cittadini non conti, purchè tutti se la passino ragionevolmente bene. Se mangio bene tutti i giorni ed ho la casa ben riscaldata, perchè dovrebbe importarmi dell’individuo che passa i suoi fine settimana sullo yacht di famiglia. In fondo egli non mi toglie il ‘tepore’ di casa mia.

Questo modo di pensare trascura un aspetto fondamentale però: le disparità di ricchezza producono disparità di potere e generano fenomeni di concentrazione che a lungo andare danneggiano gli altri individui, fino a privarli delle libertà fondamentali, restringendo gli spazi di scelta.

Forse la vera soluzione al problema è, perchè no, lo stato centralizzato, guidato da un pugno di persone, scelte tra quelle con un passato limpido e cristallino, con alte capacità intellettuali, con un elevato spirito di altriusmo ed abnegazione, che si rendano disponibili al controllo di organi eletti dai cittadini posti al di sopra delle parti.

Pura illusione? Vedremo …..

 

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Usare Git & GitHub http://shabang.xoom.it/wordpress/tutto/usare-git-github/ http://shabang.xoom.it/wordpress/tutto/usare-git-github/#comments Sun, 07 Oct 2012 10:29:46 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=642 ↓ Read the rest of this entry...]]> Dopo l’installazione del pacchetto git (per fedora: yum install git) serve leggere qualcosa qui: http://git-scm.com/book/it/Per-iniziare-Prima-configurazione-di-Git

Prima configurazione di Git:
Il comando ‘git config’ permette di ottenere ed impostare le variabili di configurazione che controllano ogni aspetto delle operazioni e del look di Git.
Queste variabili possono essere salvate in tre posti differenti: in /etc, nella /home/nome_utente e nella dir del repository ( /home/nome_utente/py ed esattamente:

- file /etc/gitconfig: Si passa l’opzione ‘–system’ a ‘git config’, lavorando come ‘root’, In questo file vengono memorizzati i valori per ogni utente del sistema e per tutti i loro repository.
- file ~/.gitconfig: passando l’opzione ‘–global’ a ‘git config’. Specifico per il tuo utente.
- file /.git/config: è cioè presente nella directory del repository git in uso (nel mio caso  ~/py ). Non si passa nessuna opzione, quindi è specifico per ogni singolo repository.

Ogni livello sovrascrive i valori del livello precedente, così i valori in /.git/config vincono su quelli in /etc/gitconfig.

Ecco cosa serve per configurare
1) Per configurare la propria identità (inserita nel file ~/.gitconfig perchè c’è –global)
Si deve impostare il proprio nome utente e indirizzo e-mail, ciò è importante, perché ogni commit di Git usa queste informazioni, che vengono incapsulate nei commit stessi.
I comandi sono:
$ git config –global user.name “John Doe”     (inserito nel file:///~/.gitconfig perchè c’è –global)
$ git config –global user.email johndoe@example.com  (inserito nel file:///~/.gitconfig perchè c’è –global)
Passando l’opzione –global, occorre fare ciò solo una volta, dopo di che Git userà sempre queste informazioni, per qualsiasi operazione fatta sul sistema.
Se si vuole sovrascriverle con un nome o una e-mail per progetti specifici, basta eseguire il comando senza l’opzione –global, quando si è nella dir di uno di quei progetti.

2) Si può impostare il proprio Editor preferito
$ git config –global core.editor gedit      (inserito nel file:///~/.gitconfig perchè c’è –global)

3) Ecco il comando per impostare il proprio Diff preferito (vimdiff) da usare per risolvere i conflitti di merge (fusione)
Diventare root e dare il comando:
# git config –system merge.tool vimdiff    (inserito nel file:///etc/gitconfig perchè c’è –system)

Ecco cosa serve per controllare ciò che è stato fatto
• Per controllare le proprie impostazioni (di tutti i file di config cioè nell’ordine: /etc/gitconfig, ~/.gitconfig, ~/py/.git/config)
Se mi metto nella dir del repository (es.: ~/py/ ) con:
$ git config –list
vedo tutte le config che stanno sopra.

• Per controllare quale è il valore di una chiave:
$ git config user.name

• Per ottenere aiuto
$ git help config

• Per visualizzare lo stato del repository
$ git status

• Per visualizzare il file di LOG con formattazione del testo:
$ git log –graph –date-order -C -M –pretty=format:” %ad [%an] %Cgreen%d%Creset %s” –all –date=short

Aggiornare ( o posizionare) un repo remoto partendo da un repo locale
LOCALE —-> REMOTO
Il repo remoto sarà simile a questo:https://github.com/nome_utente/nome_repository.git
In locale posizionarsi nella cartella del repo /home/nome_utente/py/ e dare il
comando:
$ git push https://github.com/nome_utente/nome_repository.git

Clonare un repo remoto esistente sulla cartella locale
(può essere il tuo repo che aggiorni costantemente oppure anche uno nuovo che vuoi studiare)
REMOTO —->LOCALE
Il repo remoto sarà simile a questohttps://github.com/nome_utente/nome_repository.git oppure a questo  https://github.com/Neroth/gnome-shell-extension-weather
Posizionarsi nella cartella voluta (es.: ( ~/py/ ) e dare uno a scelta fra i comandi:
$ git clone https://github.com/nome_utente/nome_repository.git
$ git clone git://github/Neroth/gnome-shell-extension-weather
$ git clone https://github.com/Neroth/gnome-shell-extension-weather

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Specialisti analfabeti http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/specialisti-analfabeti/ http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/specialisti-analfabeti/#comments Sat, 22 Sep 2012 08:44:33 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=633 ↓ Read the rest of this entry...]]> Il politico ha il suo gergo, lo scienziato ha il suo vocobolario, il religioso i suoi punti di riferimento, il filosofo la sua visione del mondo, ecc. ecc., tutti però vivono nel medesimo contesto, incapaci di comprendere le altrui posizioni. Risiedono nel loro momolocale, massimi esperti della propria disciplina, ma incapaci di osservare a 360 gradi il mondo. Specialisti nel loro settore, ma globalmente sprovveduti. Forse uno dei maggiori ostacoli al progresso, fonte di rallentamenti, di improvvise fermate e/o di riprese stentate è proprio la difficoltà a sintonizzarsi sulle lunghezze d’onda dell’altrui pensiero e l”incapacità diffusa di cambiare treno e binario.

Quando lo scienziato lancia il sasso nello stagno dell’indifferenza e ad esempio dice che ‘la terra si sta riscaldando’ con possibili ripercussioni disastrose sulla vita futura del pianeta, dice una cosa sacrosanta evidenziata da osservazioni e registrazioni ottenute con sofisticate metodologie. Ma chi dovrebbe ascoltare e far tesoro di queste affermazioni, con poche eccezioni, si defila. Il filosofo, il religioso e/o il politico, che dovrebbero raccogliere questo grido, rimangono nell’ombra e se decidono di intervenire lo fanno in modo ingenuo, improvvisato, in generale semplificando la problematica. Grandi specialisti nella loro materia, ma analfabeti dell’altrui linguaggio. Niente di più deleterio per il progresso,

E, come se non bastasse la pura incomprensione di linguaggio, ecco intervenire una complicazione. che si manifesta con l’introduzione di semplificazioni e/o banalizzazioni di valori fondamentali. Compaiono improvvisamente terminologie e/o sigle particolari, che riempiono i media. Non è forse vero che le pagine dei giornali e la bocca dei commentatori televisivi sono piene di sigle e definizioni ai più sconosciute?

 

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Libertà intellettuale e copyright http://shabang.xoom.it/wordpress/cultura-classica/liberta-intellettuale-copyright/ http://shabang.xoom.it/wordpress/cultura-classica/liberta-intellettuale-copyright/#comments Thu, 20 Sep 2012 13:09:20 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=621 ↓ Read the rest of this entry...]]> Se il sabato sera hai deciso di stare in casa per rilassarti, che seccatura sarebbe non avere un film da vedere alla tv. Se non riesci a trovarne uno degno di essere visto, poco male, cosa fai, allora? Apri un cassetto e prendi in mano un libro.
Ma prima di iniziare a leggere, scorrendo le prime pagine dopo quella del titolo/autore, compare la pagina con il simbolo (C) del copyright, che identifica il proprietario dell’opera.
La stessa cosa succede se accendi il computer ed inizi a navigare su qualche giornale on-line. Gli articoli riportano nella maggior parte dei casi la frase standard: copyright (C) pinco pallo.
La maggior parte delle persone, non pone attenzione al significato di questa dicitura apposta sulle opere derivanti dall’attività intellettuale ed inizia a leggere il testo.

Io vorrei fare alcune considerazioni generali sulla Proprietà Intellettuale (PI) che  scaturisce dalla lettura di queste frasi, perchè è vero che a chi ha un’idea deve esserne riconosciuto il valore, ma è vero anche che perpetuare un ‘monopolio’ dell’idea, utilizzando anche leggi e leggine costruite ad-hoc, può risultare dannoso per la società intera, come la storia insegna.

La legislazione sulla PI dovrebbe garantire incentivi alla creazioni di nuove idee e rendere più gratuite quelle già esistenti. Quello che invece constatiamo ogni giorno è il trionfo dei profitti derivanti dal monopolio delle idee. Prendiamo ad esempio la maggiore società di software per computer, Microsoft Corporation, operante a livello planetario.

Mi chiedo e Vi chiedo, è giusto che, dopo la vendita ovvero dopo il regolare acquisto del software, si debba pagare per anni un prezzo per la licenza di utilizzo? Forse che il prezzo di acquisto, stiamo parlando di milioni di pezzi venduti, non ha ripagato i costi dello sviluppo?

Nonostante il continuo martellamento mediatico, prezzolato, delle società interessate, anche in campo cinematografico ci sono illustri esempi, nessuno crede alla spiegazione ufficialmente presentata e cioè che verrebbe meno l’investimento in ricerca e sviluppo. La verità è che copyright, brevetti, diritti d’autore e marchi registrati, ostacolano la creazione di nuove idee, creando anche fratture generazionali, tra i giovani potenziali talenti e le vecchie leve, che sopravvivono. Quello in cui viviamo è un mondo assai balordo, in cui la parola libertà riempie la bocca dei ricchi e dei loro servi.

Non è un caso che, sempre nel comparto del software per computer, Microsoft non abbia ancora riconosciuto ufficialmente la qualità e l’etica professionale delle persone coinvolte nel progetto del “software libero”, facenti capo alla FSF (Free Software Foundation) ed aventi come punta di diamante il sistema operativo Linux.

In generale, quando un’idea porta alla realizzazione di un prodotto, solo il suo prezzo di vendita ha il diritto di esistere, nel caso di un software il prezzo del CD/DVD su cui è contenuto, nulla di più. Non è una questione di prezzo, tali supporti informatici potrebbero costare anche un milione di dollari se il mercato lo richiedesse, non è questo il problema, ma tutto ripeto si deve fermare qui.

“……Se compero un libro, compero la carta e riconosco il lavoro per la stampa, ma non compero anche l’idea che vi è scritta”, così si esprimono gli sponsor dei diritti d’autore,

“…l’idea è di proprietà dell’autore…” questo viene sempre riportato e riletto.

Niente di più sbagliato ed inquinante. L’idea espressa tra le pagine del libro appartiene a tutti, anche se è stata creata da un solo individuo, che viene ripagato, alcune volte abbondantemente, dalla vendita del supporto, ciò vale anche per la musica, che è riconosciuta come bene “universale”. Se parto da un motivetto orecchiabile già esistente, molto probabilmente ne troverò un altro, diverso, ancor più orecchiabile, in un certo senso migliore, fino a rendere obsoleto quello originale.

Questo è il progresso, questo è quello che ha bisogno l’umanità intera.

Non interessa che un anziano signore di nome Bill Gates, invecchi indossando camice e mutande foderate di bigliettoni da 100 dollari, riccone più ricccone meno interessa fino ad un certo punto, ciò che conta maggiormente è che il software venduto dalla corporation da lui fondata, non è modificabile e non se ne conosce il linguaggio sorgente. Invece ogni giorno migliaia di sviluppatori mettono mano ai sorgenti del software libero per migliorarlo e restituirlo alla comunità, affinchè continui questa operazione, è come si vede un discorso di libertà.

Solo idee liberamente circolanti possono garantire progesso e sviluppo. Forse che la  storia dell’umanità non è stata una storia di continue scoperte basate su quanto era avvenuto prima?

Ma c’è di più. La maggior parte di ciò che oggi consideriamo grande letteratura, che viene insegnata all’università, proviene da autori che non hanno mai ricevuto nessun compenso per i loro sforzi letterari o perchè il copyright non esisteva o perchè non se ne sono serviti. La loro qualità letteraria anche oggi è fuori discussione, tanto che, ad esempio la Disney, se ne è servita smisuratamente per costruire il suo impero. La bella addormentata nel bosco, Pinocchio, per fare solo due esempi della letteratura per bambini, sono state carpite al dominio pubblico. Ho voluto ricordare ciò per dire che questa è la prova provata che in assenza di monopoli i grandi lavori ad ogni modo vengono alla luce. Chi sostiene che senza i monopoli non c’è produzione di qualità, dice delle fesserie.

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Massimo di informazione = minimo di verità http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/massimo-di-informazione-minimo-di-verita/ http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/massimo-di-informazione-minimo-di-verita/#comments Sat, 15 Sep 2012 07:49:38 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=612 ↓ Read the rest of this entry...]]> Oggi,.tutti sanno tutto, anzi, tutti vedono (credono o s’illudono di vedere) tutto, ma quel tutto è sempre spostato rispetto al centro del problema, Quando sembra che lo governi, che lo possiedi, il tutto ti sfugge dalle ‘mani’ e diventi consapevole che lo devi ricercare, perchè in fondo sai benissimo che ciò che hai scoperto non è tutta la verità. E’ come quando hai finito di leggere il giornale che hai comperato in edicola dopo il caffè mattutino. Sai che le notizie ormai sono ‘vecchie’ e rimani subito in attesa della notizie successive, più fresce, ma sai anche che pure loro sono soggette, appena fruite, di ammuffire. Perchè si entra in questa spirale?

Una spiegazione potrebbe essere che si vuole conoscere il presente per predire il futuro, ma per una previsione corretta, bisognerebbe conoscere la verità del presente, invece tra informazione e verità si è aperta una divaricazione, al massimo dell’informazione oggi corrisponde il minimo di verità.

Personalmente dubito di tutte le informazioni che mi arrivano e le faccio mie solo dopo averle ‘pesate’. Credo infatti che ogni volta va eliminata la ‘tara’, proprio come quando si compera il prosciutto dal salumiere e, dopo averlo mangiato, la carta che lo avvolgeva finisce nel cestino della spazzatura.

La scrematura non è facile, richiede impegno e ragionamento, ma tale sforzo viene ripagato immancabilmente , subito dopo (ore, giorni o mesi che siano), confermando che tale operazione è sempre necessaria.

 

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Puro rumore http://shabang.xoom.it/wordpress/cultura-classica/storia-recente/il-rumore/ http://shabang.xoom.it/wordpress/cultura-classica/storia-recente/il-rumore/#comments Fri, 03 Aug 2012 08:17:50 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=593 ↓ Read the rest of this entry...]]> Quando nel 1948 Claude E. Shannon pubblicò la sua “Teoria matematica della comunicazione” nessun poteva immaginare quali e quante ripercussioni positive avrebbe avuto negli anni a venire. Lo studio di Shannon riguardava la capacità di “inviare velocemente, economicamente ed efficacemente messaggi da un posto ad un altro”. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, la comunicazione, ridotta da particolari dispositivi hardware ad un treno di messaggi, viene inviata da una sorgente ad un destinatario su un mezzo trasmissivo (cavo, etere, ecc.) che introduce “rumore”, cioè un’entità che cerca di corromperla. Ne consegue che questo “rumore”va limitato, altrimenti la comunicazione stessa diventa inaccettabile ed il canale trasmissivo scelto per il trasporto verrà abbandonato perché non affidabile.

Gli ingegneri delle comunicazioni, dagli anni ’50 fino ai giorni nostri, hanno dimostrato con i fatti che, l’applicazione della Teoria di Shannon alla pratica, ha portato enormi benefici nella vita di tutti i giorni, basti pensare per esempio alle email che vengono scambiate ogni giorno da un capo all’altro del mondo tramite internet, alle comunicazioni vocali mobili (telefonia cellulare) ed ai CD/DVD multimediali per l’intrattenimento e lo svago.

L’informazione è il contenuto della comunicazione e, se il destinatario la giudicasse insoddisfacente dal punto di vista ingegneristico, andrebbe migliorata od al limite interrotta. Faccio un esempio che credo tutti abbiano potuto sperimentare. Quando un utente telefonico parla con un altro utente e durante la conversazione la maggior parte delle parole delle frasi pronunciate diventano irriconoscibili, l’utente è portato ad interrompe la comunicazione ed a riprovare. Al successivo tentativo solitamente le cose si sistemano, gli ingegneri hanno lavorato molto bene e hanno implementato molto bene la teoria.

Ma veniamo al punto dolente, l’informazione viene trasportata in modo corretto, il destinatario riceve esattamente ciò che la sorgente ha trasmesso, ma la ritiene in parte o totalmente falsa, gli ingegneri hanno fatto il loro dovere, ma il risultato è pessimo. In altre parole se consideriamo due messaggi, uno pieno di significati e l’altro un puro “non sense” per la Teoria di Shannon i due messaggi sono perfettamente equivalenti. Il “rumore ingegneristico” è sotto controllo, ma il “rumore puro” dovuto alla mancanza di “significato” è al massimo.  Ma c’è di più. Aumentando la quantità di informazione prodotta, non sempre si ha un aumento anche del suo “significato”, anzi molti  sono convinti che le due cose siano inversamente proporzionali.

  • Se una sorgente trasmette troppo e senza” valore aggiunto”, continuare a “sintonizzarsi” su questo messaggio non è anche un forte condizionamento psicologico?
  • Non è forse questo l’anticamera del controllo della mente?
  • Quando i modelli vincenti prospettati sono la frequenza troppo alta, la ridondanza e la risonanza non vuol dire forse che il “rumore” è inaccettabile?
  • Non è forse vero che oggi la maggior parte delle sorgenti di comunicazione è come se trasmettesse “rumore puro” al 100%?
  • Non è forse vero che stanno aumentando le persone che voglio sentirsi “libere”?

Un’ossessiva campagna pubblicitaria, i commenti a più voci di una gara calcistica, i consigli degli “esperti” che tramutano in oro tutto ciò che toccano, sono i segnali caratteristici di una comunicazione funzionante, ma sono anche le caratteristiche della scarsità o, addirittura, della mancanza di informazione.

Stabilire un contatto con una sorgente di “rumore puro” oggi è molto semplice, basta navigare in internet, non per colpa della sua struttura, che è rimasta aperta proprio come fu pensata qualche decennio fa dai suoi progettisti, ma di un suo utilizzo becero e rivoltante, capace solamente di lucrare sulle disgrazie altri.

Internet mette in comunicazione tra di loro reti individuali (o locali) con l’utilizzo di “porte” e di “router” che dirigono e smistano l’enorme mole di messaggi che si instaurano tra tutte le sorgenti ed i loro destinatari. A parte il coordinamento per la definizione dei domini (DNS), non esiste nessun tipo di controllo che possa impedire ad una rete locale ubicata a Toronto di “parlare” con una ubicata a Madrid.

Se poi si analizzano i documenti ufficiali della comunità internet, i cosiddetti RFC, si scopre ad esempio che nel RFC 1958 si recita

<< In searching for Internet architectural principles, we must remember that technical change is continuous in the information technology industry. The Internet reflects this. Over the 25 years since the ARPANET started, various measures of the size of the Internet have increased by factors between 1000 (backbone speed) and 1000000 (number of hosts). In this environment, some architectural principles inevitably change. Principles that seemed inviolable a few years ago are deprecated today. Principles that seem sacred today will be deprecated tomorrow. The principle of constant change is perhaps the only principle of the Internet that should survive indefinitely.>>

ed inoltre

<<A good analogy for the development of the Internet is that of constantly renewing the individual streets and buildings of a city, rather than razing the city and rebuilding it. The architectural principles therefore aim to provide a framework for creating cooperation and standards, as a small “spanning set” of rules that generates a large, varied and evolving space of technology. >>

un vero elogio della libertà e della sua volontà di sopravvivenza.

 

 

 

 


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Roba da medioevo http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/roba-da-medioevo/ http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/roba-da-medioevo/#comments Thu, 02 Aug 2012 07:38:43 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=583 ↓ Read the rest of this entry...]]> Tutti lo pensano: il medioevo fa paura. Tra Inquisizione, peste, carestie, torture e angherie varie, quando oggi si pensa al medioevo, ci assale un senso di terrore. Anche nel nostro vivere quotidiano ogni volta che ci troviamo di fronte a casi d’ingiustizia, arretratezza, ottusità, ignoranza, inefficienza, prevaricazione e violenza il commento che ci viene spontaneo è: << roba da medioevo.>>. Il medioevo ci viene in aiuto per costruire similitudini, ad esempio, parlando di università, i professori sono “baroni” e i luoghi in cui esercitano il loro dominio sono “feudi”, questo perchè ci troviamo di fronte ad un sistema assai ingiusto, un sistema feudale appunto.

L’interpretazione secondo la quale il medioevo è il tempo delle tenebre è abbastanza diffusa e ciò ha un impatto considerevole sul nostro modo di pensare fino a farci ritenere che, secondo alcune scuole di pensiero, il medioevo è alle nostre porte. La sensazione che l’umanità stia ritornando al medioevo è presente, basta fare un giro sul web.

Crisi sociali, assenza di valori morali, inquinamento, scontro tra civiltà, riscaldamento del pianeta e non ultimo l’affacciarsi di malattie sconosciute fanno ritenere esatta l’ipotesi che il mondo stia peggiorando anno dopo anno ed alcuni addirittura ritengono imminente la “fine del mondo”. Questo modo di pensare è sempre più diffuso, ma perché? Perché purtroppo molti fra coloro che giudicano negativamente l’epoca in cui viviamo, paragonandola con disgusto al medioevo, nutrono l’idea di una continua decadenza contemporanea imprigionati ed incapaci come sono di abbandonare vecchi e nuovi pregiudizi, contrapponendo l’idea illuminista e positivista del continuo progresso della specie umana ad una idea oscurantista che presenta e mantiene una negatività della conoscenza e del sapere, come ad esempio negando l’evoluzionismo con i ‘se’ ed i ‘ma’ (Evoluzione e chiesa cattolica).

Ma il medioevo significa anche “crociate” ed è avvenuto di recente che alcuni movimenti cristiani tradizionalisti e la stessa amministrazione americana (Bush) hanno pensato e parlato di uno scontro tra mondo cristiano e mondo arabo proprio come se si trattasse della”decima crociata” (le altre nove risalgono all’epoca medioevale). Niente più che prese di posizione dettate da un sentimento di odio razziale e religioso con venature di grossi interessi economici da salvaguardare. Dunque, anche scontro di civiltà.

Ma la chiesa cattolica e il Vaticano, come si collocano in questo scenario di “guerra santa”? La Santa Sede ha osteggiato con tutti i mezzi diplomatici l’entrata in guerra contro l’Iraq e si è ben guardata dal considerare la missione guidata dagli Stati Uniti d’America come una “crociata”. Se non l’avesse fatto avrebbe giustificato una presunzione teocon [1] di considerare il conflitto anche come una guerra di religione. Ma, nel 2006 papa Benedetto XVI durante una lezione all’università di Ratisbona, aveva ribadito il concetto che il carattere non ragionevole di una fede che pretende di affermarsi con la violenza, non era condivisibile. Dunque, Islam e ji-had, citati direttamente, Cristianesimo e crociata, taciuti. Il giudizio sulla ji-had chiaro e limpido, quello sulla crociata non espresso ovvero mancante.

[1] Il termine teocon è stato usato (anche in Italia a partire dal 2004, fuori dell’ambito culturale statunitense di riferimento primario del termine), per indicare alcuni movimenti cattolici o persone di orientamento cattolico e conservatore. Tra questi, Comunione e Liberazione, l’Opus Dei e i Legionari di Cristo.

 

 

 

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Il capo di Dilbert (da Wikipedia) http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/dilbert-strip-author/il-capo-di-dilbert-da-wikipedia/ http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/dilbert-strip-author/il-capo-di-dilbert-da-wikipedia/#comments Thu, 26 Jul 2012 16:57:57 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=571 ↓ Read the rest of this entry...]]>  

Nessuno lo chiama mai per nome, ed in inglese è semplicemente «Pointy-Haired Boss», il «capo dai capelli a punta» (in realtà le punte dei suoi capelli sono aumentate di dimensione nel corso degli anni, e diventate il simbolo di tutti i manager che capitano nella striscia). È il principale nemico nell’ufficio di Dilbert e colleghi, non perché sia cattivo ma semplicemente per la sua idiozia; quello che più li umilia e li frustra; quello che rende inutile i loro lavori e vani i loro sforzi.

E tutto con una naturalezza disarmante.

ll personaggio incarna l’idea di capo di cui tutti hanno paura, più che rispetto, che ha in mano i destini di tante vite senza che per lui questo abbia la minima importanza (una volta una raffica di licenziamenti è stata decisa semplicemente dal lancio di freccette!). La sua completa ignoranza in ambito tecnologico è risaputa, eppure si interessa costantemente di ogni aspetto del lavoro dei suoi subalterni.

Libera traduzione della strip:

1 (Il Capo) – Tina, il nostro analista di database lascia. Desidero che ti occupi di questo lavoro.

2 (Tina) – Sono curiosa …. Quanto tempo Lei pensa che io debba allenarmi per passare da “scrittrice tecnica” ad “analista di database”?

3 (il Capo) – 45 minuti.

3 (Tina) – Mi piace come Lei sia capace di evidenziare l’ignoranza con certezza.

 

 

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La decrescita è anche un bene http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/la-de-materializzazione-delleconomia/ http://shabang.xoom.it/wordpress/pensiero-intransigente/la-de-materializzazione-delleconomia/#comments Thu, 26 Jul 2012 12:24:11 +0000 shabang http://shabang.xoom.it/wordpress/?p=560 ↓ Read the rest of this entry...]]> Sembra un controsenso, ma pensate per un momento, se il vero motore dello sviluppo della società dei prossimi anni fosse la “decrescita”.

Siamo stati abituati a credere agli economisti, che ci hanno sempre detto che l’aumento del benessere economico avviene perchè c’è la crescita e via ad elaborare piani per lo sviluppo. Ma oggi assistiamo da una parte ad una stasi generalizzata senza crescita del reddito pro-capite e dall’altra ad un impoverimento delle risorse del pianeta, che secondo alcuni esperti, ci porta a ritenere che il pianeta in cui viviamo è in sofferenza.

Ora, siccome ogni individuo tende a raggiungere un proprio standard qualitativo che gli permetta di vivere “felice” e questa “felicità” nella maggior parte dei casi è sinonimo di qualità dei servizi offerti al cittadino da parte dello stato, quando questa “felicità” viene intaccata ovvero i servizi calano o vengono soppressi, nasce nel cittadino una rivolta, che giustifica prese di posizioni estreme e lo rende per nulla disposto a retrocedere anche di un solo millimetro dalla propria posizione.

Voglio dire, ad esempio, che nessuno dovrebbe perdere il lavoro, ma nel caso succedesse, dovrebbe essere stabilito un livello contrattuale/retributivo di solidarietà che intervenga per togliere a chi ha di più per dare a chi è rimasto senza. La realtà è molto diversa. La tendenza è che, chi un lavoro ce l’ha e guadagna bene, guadagnerà sempre di più e chi il lavoro non ce l’ha, non solo non lo trova,ma non lo cerca più.

Forse questo è il momento buono per effettuare una inversione di tendenza e di sperimentare un modello di sviluppo diverso, in cui l’arretramento individuale globale, sia riparatore al danno fin qui prodotto.

Per esempio, perchè ogni sei mesi dovremmo cambiare il cellulare/smart-phone, se funziona in modo impeccabile? Perchè dobbiamo dare retta al marketing “strategico” delle aziende produttrici che martellano in tal senso? Ciò vuol dire produrre per consumare le risorse e nulla più.

La verità è che non se ne può più di ritenere che l’ultimo modello di smart-phone o l’ultimo modello di orologio possano fare raggiungere la felicità.

Gli “schiavi” a questo punto avranno subito da obbiettare che queste sono panzane, ma di loro non vogliamo parlare. Invece voglio farvi degli esempi concreti per spiegare in cosa dovrebbe oggi credere un individuo proiettato verso un futuro miglior, libero, solidale che rispetta il mondo in cui viviamo.

Pensiamo al panino consumato al bar durante la pausa-pranzo. Dopo averlo mangiato, se non bastasse a soddisfare la fame del momento, ne servirebbe un altro, che andrebbe prodotto. Ciò per gli economisti significa la impossibilità di dissociare l’azione del consumo dalla nuova azione di produzione. In altre parole uno stesso panino non può essere consumato da due individui differenti.

Facciamo adesso il caso di un altro prodotto, quello di un film registrato su DVD e distribuito da una videoteca per essere noleggiato. In questo caso il primo individuo che noleggia il film lo vede e lo restituisce e dà la possibilità ad un secondo individuo di usufruirne e così via per il terzo ed il quarto. Il prodotto può essere utilizzato al limite infinite volte escludendone una successiva produzione (vi ricordate il panino?).

Ora poniamo i due prodotti oggetto della nostra osservazione su un tavolo del nostro salotto. Il panino ed il DVD uno vicino all’altro. Cosa possiamo notare guardandoli con occhio “critico”, che l’uomo oggi non vive solo per mangiare, ma vuole impegnare anche il proprio tempo libero per raggiungere la felicità, ma mentre il panino si “esaurisce” subito, il film su DVD continua a svolgere la sua attività per farci trascorrere ore liete, anche per il fatto che possiamo condividerne i contenuti.

Se osserviamo la cosa dal punto di vista della sostenibilità ambientale, la produzione di DVD andrebbe incrementata mentre quella dei panini andrebbe drasticamente ridotta.

La cosa sembra un controsenso, ma non lo è. Perchè? Perchè ce lo dice una formula “magica”, che spiega la variazione nel tempo delle sostanze inquinanti. Questa grandezza dipende dal prodotto di tre fattori:

  • la popolazione
  • il PIL pro-capite
  • la quantità di inquinanti per unità di PIL prodotta

Quindi l’inquinamento si riduce diminuendo il numero degli abitanti del pianeta, riducendo il PIL in ogni nazione oppure agendo sulle modalità produttive riducendo le sostanze inquinanti.

La popolazione è in decrescita da qualche anno, lo vediamo soprattutto nei paesi occidentali industrializzati, ma anche nel resto del mondo gli stati si stanno organizzando in tal senso. Ecco allora che bisogna ridurre la crescita (il PIL) e migliorare allo stesso tempo la produzione dei prodotti.

 

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