Nella storia dell’Occidente si è sempre dato per acquisito che esistesse una differenza tra conoscere i fatti di natura in modo oggettivo e occuparsi di ciò che fanno gli uomini in modo più o meno creativo. Come giustificare altrimenti l’esistenza di due essenze sempre in opposizione: anima e corpo, mente e natura, soggetto ed oggetto ecc. ecc.

Quando poi, nell’Ottocento, figure come lo Scienziato e l’Umanista divennero vere e proprie professioni, la frattura, già esistente, si accentuò fino a creare  ‘due culture’ separate. La reciproca diffidenza e la mancanza di comunicazione tra scienziati ed umanisti hanno finito per influire negativamente sulla società occidentale, tanto che, ancora oggi, la classe di umanisti alla guida di paesi avanzati cova un pregiudizio antiscientifico molto radicato. Lo constatiamo quotidianamente anche in Italia, dove la cultura umanista, di stampo idealista e crociano, ha sempre avuto il sopravvento. Già nel 1964, nella prefazione all’edizione italiana di un testo di Sir Charles Percy Snow, intitolato le ‘due culture’, Ludovico Geymonat, il padre della filosofia della scienza nel nostro paese, indicava l’urgenza di rispondere anche in Italia, e non solo in tutto l’occidente, alle sfide in atto, modificando i programmi della scuola e dell’università che erano troppo specialistici, con il rischio di far perdere l’orizzonte complessivo del ‘sapere’. Snow, pensatore anglosassone, nel suo pamphlet, diceva senza mezzi termini, che gli Umanisti, non si erano mai sforzati di capire la rivoluzione industriale, figlia di quella scientifica, ed ancora meno di accettarla.

Snow ne aveva anche per gli scienziati, di cui diceva che la maggior parte era completamente a digiuno di letteratura e di arte, insomma di cultura. La vita di laboratorio, chiusa e rarefatta, contribuiva non poco a distoglierli dalla società a cui il lavoro che svolgevano era destinato.

Da qui nasce la consapevolezza che anche gli scienziati debbano accedere al sapere umanistico, non meno che gli umanisti debbano conoscere il sapere scientifico, scendendo dai loro scanni e sporcandosi le mani con la scienza.

Come si vede, discorsi attualissimi. Ad esempio, come non vedere oggi l’urgenza e l’importanza, nel campo delle biotecnologie, di un comunicazione reciproca costante tra i due schieramenti?

Eppure, l’apparente buon senso delle proposte sopra esposte non ha mai messo d’accordo tutti. Obiezioni ne sono state poste infinite, anche violente. La critica più costruttiva la mosse il filosofo Giulio Preti, secondo cui non si può parlare di ‘due culture’, bensì di ‘due forme’ mentali, che si contrappongono. Due diverse scale di valori, due diverse nozioni di “verità”, due diverse strutture di uno stesso discorso, senza metterne in discussioni i principi di fondo. Prima degli scienziati e dei letterati, esistono le lettere e le scienze. Sono loro che dovrebbere fondersi prima.

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