Quando a metà degli anni ’70 in Italia si spezzò il monopolio statale radio-televisivo con la creazione delle prime “radio libere”, si pensò che era giunto il momento in cui finalmente poteva nascere una nuova umanità di individui liberi da catene e soprattutto consapevoli del loro stato di cittadini del mondo.

Ben presto però queste realtà passarono in mano a gruppi privati che, con minimi investimenti in apparati di trasmissione, avrebbero consentito loro di guadagnare tanti bei soldini. Nacque così la guerra per la conquista delle frequenze applicando il metodo, “se trasmetto più forte significa che quella frequenza è mia”.

Personalmente non ho mai accettato il principio secondo il quale il più “muscoloso” debba prevalere nelle questioni terrene e, passati i primi tempi di naturale euforia, sono diventato molto critico e addirittura insofferente alle pretese di chi, con la scusa di “essere ogni giorno al tuo fianco”, faceva esclusivamente i propri interessi.

Con l’avvento, qualche hanno dopo, delle “televisioni commerciali” (in questo caso non si ebbe il coraggio di definirle “televisioni libere” per fortuna, si usò alcune volte per identificarle il termine “locali”) il fenomeno di conquista delle frequenze di trasmissione (come noto non sono infinite) si accentuò, ma, cosa ben più grave, si assistette alla creazione, via via crescente anno dopo anno, di centri di potere che, complice il profondo cambiamento della società, hanno potuto proliferare fino a diventare manipolatori delle menti di cittadini inconsapevoli.

Perchè ho fatto questo breve richiamo al nostro passato prossimo, che molti come me hanno vissuto in prima persona? Perché anche oggi si assiste ad una metamorfosi, anche se con caratteristiche diverse.

Il fatto di avere, oggi, tutte le sere, quattro telegionali sovrapposti, con gli stessi titoli e che dicono le stesse cose, non è forse il segnale che c’è qualcosa che non torna?  Perchè sono sempre e comunque le notizie riportate dalle “agenzie di stampa” che riempiono i palinsesti dei notiziari televisivi? Il conformismo è forse un giusto servizio reso alla democrazia? Per non parlare poi degli attacchi quotidiani al “Servizio Pubblico”, la Rai per intenderci, che non si migliora certo attraverso la sua privatizzazione. Il suo ruolo va salvaguardato in quanto concorre in misura decisiva alla formazione ed alla informazione dei cittadini, senza se e senza ma. Che dire poi della rappresentazione falsata della realtà italiana fatta di ragazze ‘letterine’ e ragazzi “palestrati”?

Scrive Aldo Grasso nella sua “Storia della televisione italiana”) che: <<la televisione è insieme specchio ed ànfora di un paese; riflette le sue caratteristiche, ma dà anche forma a un sistema di relazioni sociali…… disegna i tratti di una comunità immateriale, simbolica: pescando nel grande serbatoio di una nazione>>. Ma per pescare servono le esce giuste, che solo chi ha come obbiettivo una informazione veritiera può avere.

Ecco perche serve un forte Servizio Pubblico. Ecco perchè sarebbe necessario nell’interesse dei cittadini invertire la rotta perchè il racconto del paese reale torni ad essere elemento di crescita.

Le nuove tecnologie ci impongono di allargare il discorso. Mi riferisco al Web ed alla “mobilità”, che stanno cambiando le nostre abitudini. Si dice: è il “nuovo che avanza”.

Ma quale “nuovo che avanza”? E’ il “vecchio che si allarga”. E’ la solita salvifica immagine del privato, che cerca di fagocitare tutto e tutti. Il Potere costituito ce lo dipinge ad immagine e somiglianza di un dio benefattore dell’umanità, che tutto risolve, può e crea.

La filosofia privatistica del “faso tuto mi” pervade gli interpreti umani di quello che ormai possiamo considerare come un “vizio capitale”. Viene ad esempio coccolata a parole la sana competizione, perchè “chi non emerge è uno sfigato”, ma poi la competizione viene manipolata e piegata al proprio interesse fino a far trionfare figli, parenti ed affini.

Cosa serve invece?

Serve che i cittadini, soprattutto i giovani cittadini, partendo dall’analisi della realtà che li circonda, supportati da un elevato senso civico, abbiano la voglia e l’umiltà di mettere in discussione qualunque certezza che li ha accompagnati fin qui. Devono considerarsi piccoli esseri umani capaci di rialzarsi e ripartire, come in tutte quelle circostanze in cui si è commesso un errore. Devono essere onesti con se stessi, ma soprattutto con gli altri, e per questo saranno invincibili. Devono muoversi fuori dal “Palazzo” e dentro la “Società”.  Devono porre e porsi domande, guradando i luoghi ogni volta con occhi diversi, ma devono dubitare delle risposte che il “Potere” destina alle domande che provengono dalla Società civile, quelle già pronte per ogni occasione.

 

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