“Non sono un santo” aveva dichiarato a suo tempo il “miliardario ridens” dopo lo scoppio di uno degli ennesimi scandali sessuali che lo coinvolgevano. Voleva dirci: “prendetemi per quello che sono, uno di voi …”.

Il Vaticano accolse la sua esternazione con benevole favore, mostrando ancora una volta (ce ne era forse bisogno?), quanta ipocrisia ci sia nella gerarchia cattolica.

Da parte dell’opinione pubblica e soprattutto delle donne si è levato un soffice dissenso, ma per varie ragioni non c’è stata una vera protesta. Perchè? La ragione principale è che l’inedita traduzione berlusconiana di uno degli slogan del femminismo degli anni settanta <il privato è pubblico> , avvenuta a suo esclusivo vantaggio, ha consentito di trasformare uno strumento di denuncia dei rapporti di potere in un assunto che il privato è politico e quindi arma di potere. Questa interpretazione, fatta propria e propagandata dalle sue televisioni (guarda caso), ha talmente disorientato l’opinione pubblica, soprattutto femminile, da provocarne un completo annichilimento.

Nella variante transgenica berlusconiana il privato, non solo erotico-sessuale, ma anche degli interessi economici, è transitato nella politica tout court. Per questo a difesa del suo comportamento lui non può evocare il ‘diritto alla privacy’ e l’opinione pubblica non può condannarlo esplicitamente, in fondo ne è la sua espressione.

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